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venerdì 12 dicembre 2014

LA CORRUZIONE E' UN TUMORE DELL'ANIMA PRIMA E DELLA SOCIETA' DOPO

 
tratto da http://www.ilgiudiziocattolico.com di Massimo Viglione

L’errore più grande che si può fare riguardo la vicenda del Comune romano è quello di pensare e lasciar credere che sia una questione locale. Non solo non è una questione limitata spazialmente (semmai Roma è lo specchio ingigantito e perverso della realtà nazionale), ma non è nemmeno una questione limitata temporalmente e questo è fondamentale capirlo. Chi ha una pur minimale consapevolezza della storia generale della Repubblica Italiana sa bene che la corruzione pubblica ne è l’elemento costitutivo perenne ed ineliminabile, sempre, ovunque, costantemente. E questo senza calcolare il progressivo devastante accrescimento di potere e influenza delle mafie di ogni genere e tipo negli ultimi decenni, partite dal Sud e avanzate fino al Nord come un incontenibile cancro.

Nel 1992 ci hanno detto che Di Pietro e soci stavano salvando – come un chirurgo con il bisturi toglie il tumore maligno pena la morte del paziente – l’Italia dalla sua corruzione endemica. Sono passati venti anni e tutti sappiamo come Di Pietro e soci abbiano salvato e cambiato l’Italia. Lo vediamo ogni giorno in tutti i settori della vita politica e sociale in generale del nostro Paese.

Ma non possiamo nemmeno pensare che sia tutta colpa della Repubblica Italiana. Questa ha solo condotto alle estreme conseguenze ciò che già esisteva. Una pletora di storici comunisti prezzolati e di regime ha scritto interi libri sulla corruzione – vera, presunta e inventata – dell’Italia fascista.

Ma non possiamo nemmeno dimenticarci del livello di corruzione dell’Italia postunitaria liberale, e non solo di Giolitti, che viene spesso usato come parafulmine di ogni male di quei decenni, ma anche dell’Italia risorgimentale, quella “eroica” stracolma di piazze e vie dedicate per lo più a personaggi che nulla hanno a che invidiare con i nostri eroi odierni. Oggi la storiografia libera dai vincoli ideologici del risorgimentismo ha ben dimostrato la putredine morale di molti protagonisti dell’unificazione, a partire anzitutto proprio dai “padri della patria” in giù.

Insomma, è tutta la storia dello Stato italiano unitario ad essere infettata dalla corruzione, sempre e comunque, forse con qualche alto e basso (durante le guerre mondiali e subito dopo avevamo in effetti altro a cui pensare: ma sono state brevi soste di qualche anno dovute a fattori contingenti eccezionali. Ammesso poi e non concesso che anche in quei frangenti il sistema corruttivo sia scomparso del tutto…), ma mai esente dal male in questione.

Qualcuno allora potrebbe affermare che si tratta di un problema degli italiani (magari dando come al solito la colpa alla Chiesa, gobettianamente parlando, con le solite speciose e fantasiose argomentazioni). E invece non è vero. Certamente noi italiani siamo esperti in materia di corruzione, ma è assolutamente falso sostenere che il problema sia solo italiano. Basti guardare alla storia anche degli altri grandi paesi dell’Occidente (su quelli dell’Europa un tempo comunista, sul Medio Oriente e sull’Asia intera non vale nemmeno la pena di insistere), dagli USA in giù, non esclusi i celeberrimi paesi scandinavi e germanici, la cui forma di corruzione infinitamente più grave è quella morale (è da notare che i Paesi “progrediti” protestanti partono con la corruzione specificamente morale per finire con quella economico-burocratica, mentre i paesi ex cattolici partono con quella economico-burocratica per finire con quella specificamente morale. Ciò è logico, perché la corruzione è un tumore dell’anima prima e della società dopo). E non parliamo del Sudamerica o dell’Africa…

Allora, tutta l’umanità è corrotta?

E certo! Cosa pensavate, che il peccato originale fosse un’invenzione dei preti (o, più correttamente, degli ebrei, aspetto che tutti dimenticano)? Siamo tutti corrotti fin dal concepimento, e pertanto produciamo corruzione, se non combattiamo contro noi stessi e nella società per il bene e per la Verità.

Ma senza deviare il nostro discorso sul piano metafisico e rimanendo sul piano politico, forse occorre cominciare, dopo più di due secoli dalla Rivoluzione Francese e dall’introduzione nel mondo della democrazia maggioritaria, a trarre qualche insegnamento conclusivo in merito.

La verità è che la nostra natura è corrotta, e pertanto, pur essendo esseri naturalmente sociali e politici, siamo portati intrinsecamente a fare i nostri interessi individuali a danno dell’utilità pubblica. Per questo tutti i grandi pensatori dell’antichità, tutti i maestri dell’umanità, a partire da filosofi presocratici per arrivare a Socrate e Platone, e poi Aristotele, e tanti altri, fino ai Padri e ai Dottori della Chiesa, fino al maestro supremo, san Tommaso d’Aquino, tutti hanno visto nella democrazia, seppur con diverse sfumature e gradazioni, una forma di governo pessima, o al limite, se pur accettabile in sé, comunque da evitare perché troppo sofisticata per la natura umana corrotta.

Le celeberrime parole di Platone rimarranno per sempre monito all’umanità mentitrice verso se stessa.

Insomma, per farla breve, la verità è che i personaggi impresentabili della vicenda romana, dai terroristi ai capi clan, dai politici ai quacquaracquà da mezza tacca, sono solo gli ennesimi esempi che per la millesima e una volta ci hanno dimostrato l’esito inevitabile di ogni società democratica. E questa volta non sfugge nessuno, per giunta: destra, centro, sinistra (altro che “superiorità morale” della sinistra, la più idiota barzelletta di questo sistema repubblicano). E non mancano, come sempre più spesso accade, nemmeno esponenti delle forze dell’ordine: mancano ancora i preti, ma vedrete che qualcuno prima o poi salterà fuori (e comunque sono già venuti fuori tante volte in altri casi nel passato).

Non che anche nelle dittature non vi fosse corruzione, sia in Europa che soprattutto nel terzo mondo. Non che anche nei sistemi politici precedenti la Rivoluzione Francese non vi fosse corruzione (il peccato originale è sempre presente, appunto…). Ma va da sé che la democrazia rappresentativa spalanca le porte alla corruzione: sono interdipendenti, o tutte e due o nessuna delle due. Più significativo di quanto appare a prima vista è il fatto che ora, specie a sinistra, viene messo sotto accusa il sistema delle primarie. Solo due anni fa era il più fulgido esempio di democrazia progressista e civile del mondo (Prodi, Veltroni, vi ricordate?). E invece, ora, è un problema, perché, ovviamente, nelle primarie non v’è controllo degli eletti, vince chi ottiene più voti, e spesso sono proprio i più furbi e disonesti che controllano l’accaparramento dei voti popolari. Per questo nel PD ora si propone di tornare alla scelta centralista e partitocratica dei candidati. Ovvero, al rifiuto della democrazia maggioritaria…

Se proprio vogliamo dirla tutta, siamo tutti ipocriti perché facciamo tutti finta di non capire una cosa evidentissima e semplicissima: ovvero che anche in tema di legge elettorale una qualsiasi forma di “premio di maggioranza” – che dovrebbe essere una rara eccezione e comunque un cedimento nei riguardi dei princìpi primi della democrazia parlamentare e che invece è diventato di fatto il meccanismo supremo e irrinunciabile di qualsiasi dibattito e decisione in merito – è una truffa antidemocratica, è il rinnegamento implicito della funzionalità elementare del sistema democratico rappresentativo e partitico.

Non stiamo dicendo nulla di nuovo: stiamo solo asserendo che la democrazia moderna produce infallibilmente (a volte con tempi immediati, a volte con tempi più lenti) corruzione, più ancora degli altri sistemi politici, perché produce l’idea (in parte anche vera, in gran parte illusoria) che c’è più spazio per tutti per “mangiare” (e questo è una delle ragioni del suo successo). Il problema è che ormai di democrazia rappresentativa stiamo morendo, sta morendo l’Italia, stanno morendo le giovani generazioni, stanno morendo tutti gli ideali di una vita che valga la pena di essere vissuta. Ne stanno morendo gli italiani.

Forse, è giunto il momento di fare come i nostri antagonisti fanno con la Chiesa e la civiltà naturale: la sparano sempre più grossa, nella consapevolezza che quello che oggi sembra eccessivo domani sarà possibile (ed ecco l’omosessualizzazione della società, i bambini affidati a coppie omosessuali, il gender, la pedofilia pacifica, la bestialità, ora anche l’incesto legale, ecc.): è giunto il momento di spararla grossa, non però nella menzogna della dissoluzione, come fanno i nostri avversari, ma nella Verità, costi quello che costi, perché ciò che oggi sembra “eccessivo” ai moderati, domani sarà verità per tutti:

la democrazia repubblicana è la rovina dell’Italia e di ogni Paese, di tutti quei Paesi europei che quando non erano democratici (e neanche repubblicani) hanno creato la più grande, splendida e feconda civiltà che la storia ricordi e l’hanno donata al mondo intero.

È tempo di iniziare a dire la verità: non sta nella democrazia e nella repubblica la nostra salvezza, ma la nostra rovina. L’immagine della cena che in questi giorni si vede ovunque (“tutti insieme appassionatamente”: politici di destra, di sinistra, faccendieri vari e capiclan) è un’immagine che nel corso degli ultimi decenni, e in fondo di questi ultimi due secoli, si è ripetuta centinaia e centinaia di volte, in pubblico e in segreto, in Italia e ovunque vi fossero regimi “democratici”. È l’emblema stesso della politica moderna. È troppo dura comprendere e soprattutto accettare questo concetto?

La miglior forma di governo è un’altra, è una forma di governo che non prevede questo tipo di cene, di alleanze, di interessi, di meccanismi, di furbacchioni e cialtroni, di delinquenti e magnaccioni. Ma è una forma di governo che per essere proposta seriamente deve prevedere una radicale risistemazione dell’intera società italiana ed europea, una profonda revisione della mentalità generale, in fondo una sorta di controrivoluzione spirituale e “antropologica”, prima ancora che politica.

Questa dovrà essere la sfida del futuro.

Massimo Viglione

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