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giovedì 9 febbraio 2012

QUANDO TUTTO DIVENTA PARADOSSALE


mercoledì 8 febbraio 2012

ARTICOLO 18 E MERCATI. C’era una pagina ieri su La Repubblica, la numero 12, che appariva come un’autentica “mazzata” contro i sindacati, contro la linea che stanno tenendo nella trattativa con il “governo dei tecnici”. Il giornale “liberal” per eccellenza, portatore di una linea di sinistra cosiddetta intelligente, sottolineava in apertura la “sparata” del ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, sui giovani italiani che vogliono “il posto vicino a mamma e papà”. Quasi una battuta, non suffragata da alcuna analisi o da alcun dato reale. In compenso, il giornale riservava una sorpresa di taglio basso: “L’articolo 18 vale 200 punti di spread”. In pratica, tuonava il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, senza l’articolo 18, lo spread dei nostri Btp sarebbe nei confronti del Bund tedesco a una quota intorno ai 170 punti base. Stupore? Non per la linea diRepubblica, da tempo schierata al fianco del governo Monti, ma piuttosto per la caduta dello spread con l’eliminazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Stefano Cingolani, giornalista economico, resta piuttosto perplesso su questo eventuale effetto sullo spread. Ma ragiona intorno alla spinta sull’Italia che arriva dall’estero e che ha tanti supporter nel Paese.

Cosa pensa di questa notizia?

Un calcolo sullo spread non sono proprio in grado di farlo. E aggiungo anche che non attribuisco tutta questa importanza all’articolo 18 nella mancata crescita italiana e sul fatto che non arrivino investimenti esteri. Il problema mi sembra un altro. All’estero e sui mercati c’è una grande aspettativa sulla flessibilità del lavoro in Italia. L’articolo 18 è diventato una sorta di emblema della non flessibilità, una bandiera della rigidità italiana. Ora, hai voglia di spiegare che la portata dell’articolo 18 è ridotta in tutta questa vicenda complicata. Ormai è preso come un simbolo. E come si può ragionare seriamente intorno a un simbolo? I sindacati lo difendono a oltranza, all’estero si pensa che debba essere eliminato per far ritornare a crescere l’Italia, perché così il mercato del lavoro viene liberalizzato.

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