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martedì 24 agosto 2010

DON FRANCESCO CASSOL, MORTO PER UNA FUCILATA DESTINATA AD UN CINGHIALE, OGGI ABBIAMO QUESTA SUA TESTIMONIANZA CHE RISUONA ..

 

Chi era don Francesco Cassol


don Francesco Cassol
BELLUNO – Zaino in spalla, giubbino da montagna, e pedule: è il ritratto di un prete «in cammino» quello che emerge dalle immagini di don Francesco Cassol, il sacerdote di 55 anni, parroco di Longarone, ucciso la notte scorsa nelle campagne della Murgia, dove accompagnava i partecipanti ad un raid spirituale Goum.

Il cammino era un po' il simbolo umano e spirituale di questo prete di montagna, di schietta formazione scout, che negli anni era diventato una delle colonne della Diocesi di Belluno. Sono molte le foto che lo ritraggono alla guida di gruppi di pellegrini, italiani e stranieri, in percorsi di preghiera nei luoghi desertici del mondo, alla ricerca del proprio essere e del più autentico contatto con la fede.



Immagini come quelle che lo vedono sulla scalinata del tempio del Sacro Cuore di Lamon (Belluno), nell’anno del Giubileo del 2000, quando con una croce di legno grezzo in mano accompagnò un gruppo di fedeli bellunesi nel lungo pellegrinaggio a piedi fino a Roma. D’altronde, chi lo ha conosciuto racconta che il dna dello scout è sempre rimasto dentro questo parroco aperto e impegnato nel sociale.
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Don Francesco, il prete che parlava di Dio col papa


Don Francesco Cassol, ucciso il 22 agosto da una fucilata nelle campagne delle Murge, sotto il cielo stellato, mentre pernottava durante un pellegrinaggio “Raid Goum“, era un prete tra i più stimati nella sua diocesi di Belluno-Feltre.
Il 24 luglio 2007, nella chiesa di Santa Giustina ad Auronzo di Cadore, fu uno dei dieci sacerdoti che rivolsero delle domande a Benedetto XVI, durante l’incontro che il papa ebbe con i preti delle diocesi di Belluno-Feltre e Treviso.
Ecco qui di seguito la trascrizione integrale della domanda di don Francesco Cassol e della risposta di Benedetto XVI.
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D. – Sono don Francesco. Santo Padre, mi ha molto colpito una frase che ha scritto nel suo libro “Gesù di Nazaret”: “Ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: ‘Dio. Ha portato Dio’”. Fin qui la citazione, che trovo di una chiarezza e di una verità disarmanti. La domanda è questa: si parla di nuova evangelizzazione, di nuovo annuncio del Vangelo – questa è stata anche la scelta principale del sinodo della nostra diocesi di Belluno-Feltre – ma cosa fare perché questo Dio, unica ricchezza portata da Gesù e che spesso appare a tanti come avvolto nella nebbia, possa risplendere ancora fra le nostre case e possa essere acqua che disseta anche i tanti che sembrano non avere più sete?
R. – Domanda fondamentale. La domanda fondamentale del nostro lavoro pastorale è come portare Dio al mondo, ai nostri contemporanei. Evidentemente questo portare Dio è una cosa multidimensionale: già nell’annuncio, nella vita e nella morte di Gesù, vediamo come si sviluppa in tante dimensioni questo Unico. Mi sembra che dobbiamo sempre tenere le due cose: da una parte l’annuncio cristiano, il cristianesimo non è un pacchetto complicatissimo di tanti dogmi, così che nessuno può conoscerli tutti; non è cosa solo per accademici, che possono studiare queste cose, ma è cosa semplice: Dio c’è e Dio è vicino in Gesù Cristo. Così Gesù Cristo stesso ha detto, riassumendo: è arrivato il Regno di Dio. Questo annunciamo. Una cosa, in fondo, semplice. Tutte le dimensioni che poi si mostrano sono dimensioni dell’unica cosa e non tutti devono conoscere tutto, ma certamente devono entrare nell’intimo e nell’essenziale, così si aprono con una sempre crescente gioia anche le diverse dimensioni. Ma adesso come fare in concreto? Portare Dio implica soprattutto – da una parte – l’amore e – dall’altra – la speranza e la fede. Quindi la dimensione della vita vissuta, la migliore testimonianza per Cristo, il miglior annuncio è sempre la vita di veri cristiani. Se vediamo famiglie nutrite dalla fede come vivono nella gioia, come vivono anche la sofferenza in una profonda e fondamentale gioia, come aiutano gli altri, amando Dio e il prossimo, mi sembra che questo sia oggi l’annuncio più bello. Anche per me l’annuncio più confortante è sempre quello di vedere le famiglie cattoliche o le personalità cattoliche che sono penetrate dalla fede: risplende in loro realmente la presenza di Dio e arriva questa “acqua viva” della quale lei ha parlato. Quindi l’annuncio fondamentale è proprio quello della vita stessa dei cristiani. Naturalmente c’è poi l’annuncio della Parola. Dobbiamo fare tutto perché la Parola sia ascoltata, sia conosciuta. Oggi ci sono tante scuole della Parola e del colloquio con Dio nella Sacra Scrittura, colloquio che diventa necessariamente anche preghiera, perché uno studio puramente teorico della Sacra Scrittura è un ascolto solo intellettuale e non sarebbe un vero e sufficiente incontro con la Parola di Dio. Se è vero che nella Scrittura e nella Parola di Dio è il Signore Dio Vivente che parla con noi, provoca la risposta e la preghiera, allora le scuole della Scrittura devono essere anche scuole della preghiera, del dialogo con Dio, dell’avvicinarsi intimamente a Dio. Quindi, tutto l’annuncio. Poi, naturalmente direi, i sacramenti. Con Dio vengono sempre anche tutti i santi. È importante – questo ci dice la Sacra Scrittura sin dall’inizio –, Dio non viene mai da solo, ma viene accompagnato e circondato dagli angeli e dai santi. Nella grande vetrata di San Pietro che raffigura lo Spirito Santo mi piace tanto il fatto che Dio è circondato da una folla di angeli e di esseri viventi, che sono espressione ed emanazione – per così dire – dell’amore di Dio. Con Dio, con Cristo, con l’uomo che è Dio e con Dio che è uomo, arriva la Madonna. Questo è molto importante. Dio, il Signore, ha una Madre e nella Madre riconosciamo realmente la bontà materna di Dio. La Madonna, la Madre di Dio, è l’ausilio dei cristiani, è la nostra permanente consolazione, è il nostro grande aiuto. Questo lo vedo anche nel dialogo con i vescovi del mondo, dell’Africa ed ultimamente anche dell’America Latina, che l’amore per la Madonna è la grande forza della cattolicità. Nella Madonna riconosciamo tutta la tenerezza di Dio e, quindi, coltivare e vivere questo gioioso amore della Madonna, di Maria, è un dono della cattolicità molto grande. E poi ci sono i santi, ogni luogo ha il suo santo. Questo va bene così, perché così vediamo i molteplici colori dell’unica luce di Dio e del suo amore, che si avvicina a noi. Scoprire i santi nella loro bellezza, nel loro avvicinarsi nella Parola a me, poiché in un determinato santo posso trovare tradotta proprio per me la Parola inesauribile di Dio. E poi tutti gli aspetti della vita parrocchiale, anche quelli umani. Non dobbiamo essere sempre nelle nuvole, nelle altissime nuvole del mistero, dobbiamo essere anche con i piedi per terra e vivere insieme la gioia di essere una grande famiglia: la piccola grande famiglia della parrocchia; la grande famiglia della diocesi, la grande famiglia della Chiesa universale. A Roma posso vedere tutto questo, posso vedere come persone provenienti da tutte le parti della terra e che non si conoscono, in realtà si conoscono, perché sono tutti parte della famiglia di Dio, sono vicini perché hanno tutto: l’amore del Signore, l’amore della Madonna, l’amore dei santi, la successione apostolica e il successore di Pietro, i vescovi. Direi che questa gioia della cattolicità, con i suoi molteplici colori, è anche la gioia della bellezza. Abbiamo qui la bellezza di un bell’organo; la bellezza di una bellissima chiesa, la bellezza cresciuta nella Chiesa. Mi sembra una meravigliosa testimonianza della presenza e della verità di Dio. La Verità si esprime nella bellezza e dobbiamo essere grati per questa bellezza e cercare di fare tutto il possibile perché rimanga presente, si sviluppi e cresca ancora. Così mi sembra che arrivi Dio, in modo molto concreto, in mezzo a noi.

Fonte:http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/08/23/don-francesco-il-prete-che-parlava-di-dio-col-papa/




 

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